Incespico tra la voglia di incidere sul marmo di un
monumento di una piazza queste parole e il desiderio di lasciarle intime, tra
me e te, perché il nostro amore è questo, egocentrismo che si oppone alla
pensilina del nostro, eccentricità, uscita dalle orbite.
Ti immagino nell'aura dei tuoi voli metafisici, debole,
deficitaria per le circostanze. Ti immagino puntellare dei pensieri vitali e
originari, baracca della sopravvivenza. Ti immagino soffocare tra le mura di un
ospedale e soffoco anche io, cercando riparo nella vuotezza di atti compulsivi.
Ti immagino morire stritolata dalla morsa che stringe il limen sacrum tra vita
e morte in cui ti trovi. Ti immagino sopravvivere, ma lontano da me e tutto
questo mi fa un male atroce. Un male che sconterò nel prossimo morso che darò a
me stesso, un fiume che scarica i suoi rifiuti in un mare senza bussole.
Nessun commento:
Posta un commento