Romanzo epistolare

Gli amanti che si sfiorano - 1

Guardo al suo cospetto la Luna schiarirsi, come un granello di sabbia guarda il mare che prima o poi lo travolge. Mi manca il fiato e facci...

mercoledì 7 giugno 2017

Gli amanti che si sfiorano - 9

Sapevo. Conoscevo la tua rabbia. Conoscevo l’odio covato dentro per anni. Ho aperto il tuo forziere più e più volte. All’esterno l’incisione del globo; all’interno, sul fondo, la crepa d’odio: risucchia i tesori. Ma vederlo già solo da lontano è capogiro, battito cardiaco accelerato, forse anche allucinazione, sindrome di Stendhal.
Quella crepa a volte risucchiava troppo. La bilancia crollava miseramente. Come un bimbo che si incammina con forza, caparbio, e cade, inevitabilmente. Inesperienza. Come un leone che fiero e impavido per la fame segue il rinoceronte. Trapassato.
Mi concedo queste righe di sanità, poi niente più esiste. Il mio istinto di crocerossina parla, grida aiutalo. L’altra parte di me fallo sprofondare nella sua merda. E ricado nel tuo oblio. Quello dei menomati. Quello dei pazzi come te. Quello degli assassini come te. Quello dei rifiuti umani.
Non ti aiuterò. La mia mente è recisa dal dubbio etico, ma non lo farò. Stavolta risanerai tu la crepa. Se vuoi. Di te non rimarrà più niente.
Le tue mani piene di vita ne hanno uccisa una. Sei un mostro. Come faccio ora ad aiutarti? Ti prego, tu dimmelo! Oh, ti scongiuro! Come posso ora abbandonare tutto per restare con te? Come posso governare il tuo futuro? Come posso? Non lo so. Ti scongiuro, trovami una scusa!
Ascolto la risacca. Si schianta contro di me. Mi ferisce. Mi porta via. E affogo nell’acqua di questo oceano come granello di sabbia. Vivo.
Come potevo pensare non si sarebbe mai esaurito quel tuo tesoro? A volte le monetine provenivano da me. Mi piaceva donarne in quantità. Ne toglievo dal mio forziere. Servono più a te. Non sono mai stato il tuo falegname, ma la tua donatrice. Ti amo ancora.


Postilla d’autore:
Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.


Sempre mio


lunedì 5 giugno 2017

Gli amanti che si sfiorano - 6

Caro amore mio, oggi ho bisogno di te. Sono in confusione, non capisco più nulla, tre tizi parlano parlano parlano, ma dove sto sapresti dirmelo? Sono tre uomini che mi circondano guardandomi con aria severissima, nauseata. Continuano a parlare di questo caso senza farmi capire quale sia ‘sto caso. Forse parlano di me. Ne sono convinto. Quando scontrano il loro sguardo col mio storcono i loro musi.

Gli ho chiesto di poterti scrivere una cosa. Sto arrancando. Ho paura. Voglio solo te. Ne ho bisogno. Salvami, ti scongiuro. Dammi la terraferma. Scusami di tutto. Sono un cazzone.



Sempre mia




Lettera 5                                                              Lettera 7

domenica 4 giugno 2017

Gli amanti che si sfiorano - 8

Lo psicologo De Angelis ieri mi ha raccontato degli aneddoti e avevo paura fossi io il protagonista di quegli episodi cruenti e violenti, sebbene ripetesse ogni volta, prima di iniziare a spiegare, che mi stava per fare un esempio. Non so neanche perché mi trovo coinvolto in questa terapia; credo di aver lasciato qualche cosa lungo la strada, ma non so cosa.

Quei tre uomini, comunque, ti starai chiedendo chi fossero: fanno parte del corpo poliziesco e volevano interrogarmi. Mi hanno chiesto cosa ci fosse alla base di tutto ciò, cosa fosse successo qualche ora prima, cosa fossi io, un mostro o cosa? Gli ho risposto dicendo di non ricordare nulla e di non sapere di cosa parlassero. Dopo qualche ora mi hanno portato in una sala d’attesa di uno studio. Io mi sono seduto su uno dei due divanetti che si guardavano negli occhi, vicini. Sembravamo proprio io e te. Loro invece sono rimasti in piedi a circondarmi, ognuno con un occhio a me e uno alla porta in legno chiaro alla mia sinistra con inciso il disegno del disagio.

-        Salve, io sono il dottor De Angelis, psicologo laureato. Gli agenti fuori mi hanno spiegato un po’ di cose. Come si sente ora?
Cosa dovevo dirgli? Che sembrava mi fossi appena svegliato da un sonno profondissimo? Che sembrava fossi morto e poi risorto da appena qualche ora?
-      Bene, le do un compito semplicissimo: mi scriva un racconto di poche parole in cui lei è un omicida.

7.45. La sveglia che suona, la solitudine che mi accompagna, le lenzuola stracciate da un sonno inesistente, la vita che prosegue sempre troppo veloce per i miei ritmi e pronta, ancora, a ripartire. Il caffè sembra sputato dal cielo, i biscotti la calce di palazzi fiacchi, la camicia ortica, il cappello del magazzino una corona di spine. Sono un animale sottosviluppato, ma ho una grande dote, riuscirò a vincere tutti, ne sono convinto. Uscirò da questa merda. Sono nato per vincere le avversità.

La macchina oggi sembra non dare problemi. Si parte e subito piede a tavoletta in autostrada. Il capo mi aveva avvisato di non arrivare in ritardo. L’asfalto diventa il mio cibo; ad ogni km divento sempre più grande, sempre più un grande. Potrei guidare in F1. La mia vita di merda cambierà.
-  Dio cane, cosa cazzo stai combinando? Quel pacco non andava aperto! - mi rimprovera il capo. Chi cazzo crede di essere?
-  Sei un incapace!

Il trincetto tra la mano tremante ha prurito. Ha fame, non di asfalto. Di sangue. Te la faccio pagare, stronzo.


Sempre tuo



Lettera 7

sabato 3 giugno 2017

Gli amanti che si sfiorano - 7

Giorno 51. Kg 45. Taglia: 36. Sei bellissima dice Carlo. Sei superbella dico io. Non avresti detto questo tu. Ci sei inevitabilmente a pranzo e a cena; ci penso e non mangio. Nemmeno un acino d’uva. Fa ingrassare dico. E Carlo mi vuole magra.

Nel cielo di ieri sera ho cercato nuove costellazioni, ma tutte narravano miti tragici. Gli astri sembravano naufragare in quel mare, ma sono stati salvati dal chiasso di una combriccola di ragazzini ebbri, alla ricerca confusionaria di se stessi. Di questa bellezza, del mare ai piedi del mio terrazzo e il cielo ad aprirmi il soffitto, non mi rimane che una breve malinconia. Te la metto per iscritto di tanto in tanto. Solo così sono sincera con me stessa.

Le foto sul comò mi guardano, segnano un orizzonte, un limite, una linea di materia non oltrepassabile. Ci siamo noi due seduti a un tavolo, tu con una polo azzurra, il baffo scurissimo come i pochi capelli rimasti, la sigaretta tra le labbra, la mano sulla mia spalla. Quasi monumentale nella tua gagliardezza. Fiero, sereno, amabile. Dicesti Ti amo per la prima volta e socchiudesti le palpebre. Poi accarezzasti le mie labbra con le tue e respiravamo con gli affanni dell’altro. Eri bellissimo. Era bellissimo. Le foto segnano una transenna, ci fermano, anestetizzano la forza del futuro e del presente.

Carlo oggi mi ha chiesto di fare sesso. Forse lo stiamo facendo troppo spesso. Mi fa male, ma è l’ordine naturale delle cose. Prima o poi tutti finiscono nel vortice della normalità. Ed è più facile persino sentirsi insulsa, perché diventa uno stato perenne, un inerme, lento, immobile, inerte morire. Solo tu mi salvavi.


Sempre tua

Lettera 6                                                              Lettera 8

venerdì 2 giugno 2017

Gli amanti che si sfiorano - 5

Carlo dice sempre che la cosa più sana dopo il sesso è fumarsi una sigaretta. Godersi la felicità in solitudine, vestirsi soddisfatti della propria vita. Ieri sera ne ho avuto la prova. Lo ha fatto.

Mi ha presa per i fianchi, me li ha quasi strappati con violenza tra i suoi polsi. Poi mi ha sbottonato i pantaloni da dietro, se li è sbottonati ed è entrato in casa mia senza neanche chiedere il permesso, ma a me piaceva, piaceva tanto. Ha battuto il suo membro animalescamente dentro di me. E io ho goduto come una matta. Sì, come una matta. Il dolore mi teneva a galla nella ripetizione violenta di una risacca selvaggia che diceva ancora.

Non avevo nome, non avevo colore. Ero solo un animale che si compiace di se stessa. Ero solo un essere terribilmente in vita. Ero e sono un animale in vita, più che mai coi piedi a terra e la mente annichilita, ma ciò non importa. La vita è cattiva e dà poche illusioni. Poi capisci il gioco, torni ad essere un normale essere biologico e pensi al tuo ciclo naturale da compiere. È tutta qui la vita. Illusione non porta che a disillusione.

Alla fine, come un vero uomo, Carlo non si è perso nelle chiacchiere da amanti sdolcinati del cazzo. Mi ha chiesto se mi fosse piaciuto e io, forse anche un po’ finta, ho detto di sì. Poi se ne è andato, con la sua sigaretta accesa, fuori. 
E una lacrima mi è scesa.



Sempre tua


Lettera 4                                                              Lettera 6

giovedì 1 giugno 2017

Gli amanti che si sfiorano - 4

Oggi è un mese da quel giorno. Quello della frattura, ovviamente. Il primo pensiero stamattina non sei stato tu, ma io. Ho lavato i denti, mi sono guardata allo specchio. Finalmente ho riconosciuto il mio corpo, la mia schiena, il suo canale verticale scolpito. Sei bellissima. E un ghigno ha illuminato il mio volto.  
– I bambini orfani, lo sai, soffrono tantissimo se qualcuno li abbandona, loro non hanno avuto stimoli, tant’è vero che la loro sofferenza è nascosta, perché loro non sanno formulare pensieri, sentono e basta, anche perché poi chi è consapevole o manifesta o nasconde del tutto il proprio dolore – ha detto Carlo stamattina in orfanotrofio e io mi sono immedesimata negli occhi di quei bambini. Sono anch’io un’orfana, un’orfana d’amore.
Ho osservato le sue mani, ma non erano come le tue. Ho provato a dimenticarle e ci sono riuscita, per un po’. Poi però sono tornati nella mia mente quei tuoi gesti con le mani, quei disegni con le tue dita lunghe e sottili. Mi sono guardata la mia, di mano, e ci ho visto granelli di povertà, povertà di senso in questa vita.

Ho ascoltato la sua voce, ma non era come la tua. Combatto contro di me, contro di te, contro la tua Me. E non mi do pace. Quelle foto attaccate col Patafix al muro mi ricordano la purezza del nostro amore. Mi ricordano le serate ad abbuffarci di baci e cibo. Ma poi tutto crolla. E cado anche io, con le ginocchia a terra, esangue, senza nessun pensiero salvifico.

Vivo la mia vita, ormai, alla mercé di sentimenti contrastanti. Da una parte ci sei tu, dall’altra me e lo schifo nei tuoi confronti.
Vincerà lo schifo. Te lo assicuro. Ti dimenticherò.
Mi manchi.

Sempre tua, a tratti mia


Lettera 3                                                           Lettera 5

Gli amanti che si sfiorano - 3

Sento ogni giorno crescere questo nulla dentro di me, questo marcio, questo sfracello. Sento ogni giorno nettezza che cresce nel mio organismo, nettezza che mi appesantisce, che mi rende rifiuto e di cui mi rifiuto, ma non è mai abbastanza. Ho una crepa, una spaccatura il cui centro ancora non ricordo e forse non ritroverò mai. L’unica cosa che riusciva a riempirla erano i tuoi occhi, pieni di vita e d’amore, lo stesso amore con il quale ti guardavo io, mentre facevamo a gara a chi arrivasse prima alle labbra dell’altro. Ora quegli stessi occhi, quelle due paia, sono piene di lacrime, sono cascata, sono sorgente di un oceano il quale è ricolmo di tristezza.

Non esisto più, perché la morte è venuta a bussarmi alla porta tirandomi per i capelli, annullando quel briciolo d’amore che mi è stato concesso provare e sentire e praticare. Ogni uomo nasce, cresce, ama, muore. La mia terza tappa è conclusa abbandonandoti in maniera sciocca, mentre mi uccidevo a mia insaputa. La mia unica forma di vita sei stata tu, creatura da amare, che con le sue braccia riusciva a tenere a bada i miei demoni e con le sue parole a sconvolgere i miei respiri fintamente semplici e lineari. Ora tutto ciò che mi lascia senz'aria è il tuo silenzio, sebbene io sappia che in fondo ci sentiamo ancora un po’ o almeno io ti sento e ciò mi tiene ancora, fragilmente, attraccato alla vita.


Sempre tuo


Lettera 2                                                              Lettera 4