Romanzo epistolare

Gli amanti che si sfiorano - 1

Guardo al suo cospetto la Luna schiarirsi, come un granello di sabbia guarda il mare che prima o poi lo travolge. Mi manca il fiato e facci...

giovedì 1 giugno 2017

Gli amanti che si sfiorano - 4

Oggi è un mese da quel giorno. Quello della frattura, ovviamente. Il primo pensiero stamattina non sei stato tu, ma io. Ho lavato i denti, mi sono guardata allo specchio. Finalmente ho riconosciuto il mio corpo, la mia schiena, il suo canale verticale scolpito. Sei bellissima. E un ghigno ha illuminato il mio volto.  
– I bambini orfani, lo sai, soffrono tantissimo se qualcuno li abbandona, loro non hanno avuto stimoli, tant’è vero che la loro sofferenza è nascosta, perché loro non sanno formulare pensieri, sentono e basta, anche perché poi chi è consapevole o manifesta o nasconde del tutto il proprio dolore – ha detto Carlo stamattina in orfanotrofio e io mi sono immedesimata negli occhi di quei bambini. Sono anch’io un’orfana, un’orfana d’amore.
Ho osservato le sue mani, ma non erano come le tue. Ho provato a dimenticarle e ci sono riuscita, per un po’. Poi però sono tornati nella mia mente quei tuoi gesti con le mani, quei disegni con le tue dita lunghe e sottili. Mi sono guardata la mia, di mano, e ci ho visto granelli di povertà, povertà di senso in questa vita.

Ho ascoltato la sua voce, ma non era come la tua. Combatto contro di me, contro di te, contro la tua Me. E non mi do pace. Quelle foto attaccate col Patafix al muro mi ricordano la purezza del nostro amore. Mi ricordano le serate ad abbuffarci di baci e cibo. Ma poi tutto crolla. E cado anche io, con le ginocchia a terra, esangue, senza nessun pensiero salvifico.

Vivo la mia vita, ormai, alla mercé di sentimenti contrastanti. Da una parte ci sei tu, dall’altra me e lo schifo nei tuoi confronti.
Vincerà lo schifo. Te lo assicuro. Ti dimenticherò.
Mi manchi.

Sempre tua, a tratti mia


Lettera 3                                                           Lettera 5

Gli amanti che si sfiorano - 3

Sento ogni giorno crescere questo nulla dentro di me, questo marcio, questo sfracello. Sento ogni giorno nettezza che cresce nel mio organismo, nettezza che mi appesantisce, che mi rende rifiuto e di cui mi rifiuto, ma non è mai abbastanza. Ho una crepa, una spaccatura il cui centro ancora non ricordo e forse non ritroverò mai. L’unica cosa che riusciva a riempirla erano i tuoi occhi, pieni di vita e d’amore, lo stesso amore con il quale ti guardavo io, mentre facevamo a gara a chi arrivasse prima alle labbra dell’altro. Ora quegli stessi occhi, quelle due paia, sono piene di lacrime, sono cascata, sono sorgente di un oceano il quale è ricolmo di tristezza.

Non esisto più, perché la morte è venuta a bussarmi alla porta tirandomi per i capelli, annullando quel briciolo d’amore che mi è stato concesso provare e sentire e praticare. Ogni uomo nasce, cresce, ama, muore. La mia terza tappa è conclusa abbandonandoti in maniera sciocca, mentre mi uccidevo a mia insaputa. La mia unica forma di vita sei stata tu, creatura da amare, che con le sue braccia riusciva a tenere a bada i miei demoni e con le sue parole a sconvolgere i miei respiri fintamente semplici e lineari. Ora tutto ciò che mi lascia senz'aria è il tuo silenzio, sebbene io sappia che in fondo ci sentiamo ancora un po’ o almeno io ti sento e ciò mi tiene ancora, fragilmente, attraccato alla vita.


Sempre tuo


Lettera 2                                                              Lettera 4