In alto da sinistra: Marco Balzano, Stefano Esposito, Mario Di Donna.
In basso da sinistra: Duilia Giada Guarino, Annamaria Molisso, Francesco Ace Acernese, Ciro Piccolo.
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- Ragazzi ma che dite, la facciamo una foto? – e tutti insieme, seduti su un divano, immortaliamo la serata.
Una
stanza raccolta, accogliente, cesellata nel suo ordinario di piccole
stravaganze, impilate come libri coloratissimi su uno scaffale di taglio buono.
Simile a un retrobottega o alle quinte di un teatro di paese, un luogo in cui
l’arte inzuppa la quotidianità. Anche noi eravamo inzuppati quella sera. Ci
hanno accolto in casa come gattini bagnati, loro, un circolo di ragazzi affiatati
e pratici come una famiglia ben assestata, amanti dei gatti come del buon
teatro, artisti disciplinatissimi e sgangherati. Un gattino come loro,
Friariello, si presenta in stanza. L’impatto della sorpresa, dal nome buffo
all’inaspettata presenza, ci fa sorridere. Friariello. Pensateci, un gatto, nome
Friariello, pelo bianco con macchie rosso rame, come sporcato da sabbie
rossicce, all’occorrenza kalashnikov tra le braccia del padrone. Una simpatia
istintiva, innata, disinvolta accomuna il loro stare assieme. Ci sediamo
all’osteria dietro l’angolo, mentre fuori impera la pioggia. Eravamo già amici
da una vita prima di sederci al loro tavolo, una sorta di focolare domestico
intorno a cui narrare vecchie leggende. O, in questo caso, la loro storia.
- Però una cosa la dovete scrivere. Volete sapere il nostro motto? Non ridete, segnate segnate. Nuje nun simme scieme. – dice Stefano – o no Mario?
Sono
cinque, intorno a quel tavolo: Stefano, Mario, Annamaria, Marco, uno di loro
inquieto, un animale da palco a briglia sciolta nella stanza.
- Ma chi recita meglio tra di voi?
- Ace, sicuramente – rispondono unanime gli altri.
Ace
nega, dice che sono tutti bravi allo stesso modo. E guardando uno qualunque dei
loro video, noi crediamo a lui.
Nascono
da un’associazione sociale di volontariato denominata “Gioco immagine e parole”,
attiva nell’ambito ludico-sociale ormai da vent’anni nella zona compresa tra
San Giovanni, Barra e Ponticelli. È proprio qui che nasce il teatro, la
recitazione, l’arte del riflettore, con la compagnia amatoriale A Menesta, che si esibisce su temi
importanti nel Nest, teatro nato nella palestra abbandonata di una scuola di
San Giovanni a Teduccio a via B. Martirano. Civico 17 è infatti una delle
creature dell’associazione, attiva su Facebook e YouTube con video sempre più
geniali, che seguono il trend…ma non troppo.
- No, noi gli spot li facciamo sempre col nostro stile. Anche se non è facile piacere al pubblico e conservare il nostro orientamento – dice Marco, che tra gli altri gestisce l’account Civico 17 su Instagram.
Ci
offrono un amaro, improvvisiamo un brindisi come vecchi compagni a una taverna.
- Siamo sempre alla ricerca di una morale nel mondo attuale, non ci piace la comicità come caricatura di se stessi – dice Ace.
Osservando
il loro affiatamento, siamo stati catturati da un dubbio. Ma chi è che comanda?
- Sono riunioni fiume le nostre, si riempie un calderone di idee che poi noi stessi restringiamo, tutti assieme, scambiandoci le competenze. Nessuno comanda, però come bacchetta Annamaria…nessuno – autoironici, compatti, senza rancori.
Stefano
cita un certo processo che ci intriga, secondo cui anche con A Menesta ognuno di loro “finisce per
diventare il personaggio interpretato”. È così, quindi, che ci siamo imbucati
al Nest il 25 marzo, per assistere alla rappresentazione di uno dei temi
d’attualità più pregnanti in questo periodo, le morti sul lavoro, interpretata
appunto da A Menesta. Accolti ancora
una volta come ospiti desiderati, in un clima tiepido, intimo, l’osteria ora
diventa un ristorante più decoroso, una scuola completamente ridimensionata
intorno alla sua nuova funzione: offrire asilo politico a talenti vibranti come
i loro. Una storia semplice, lineare, ma drammatica: un padre infortunato a
vita, una mamma disperata e un figlio che lavora in condizioni disumane; poi la
morte e le lacrime di sua madre, ossessivamente e morbosamente protettiva.
Un’impeccabile immedesimazione nei ruoli e voci che hanno scosso tutti,
veicolando il disagio, l’angoscia e il senso di ribellione in scena. Al termine
dello spettacolo andiamo a congratularci con gli attori e veniamo ripagati da
un dono inaspettato: in una foto Stefano si stende su una barca con corpo
palestrato. Palesemente un fotomontaggio, con tanto di autografo: Con simpatia. Quella simpatia che è all’origine di tutto.
Stefano Esposito nel fotomontaggio autoironico |
Duilia Giada Guarino & Ciro Piccolo